Newsletter In Cerchio - Settembre 2014 - Numero X - Anno XII
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Le parole del Giubileo: "g" come "grazia"   versione testuale

Nel linguaggio comune è sinonimo di bellezza, eleganza, gentilezza e cortesia. Ma la parola grazia (dal latino gratia e dal greco charis) significa anche disposizione d’animo verso gli altri, benevolenza, favore, amicizia. Per noi cristiani, in particolare, indica il dono assolutamente gratuito e personale di Dio che si china fino all’uomo. La definizione più bella l’ha data Karl Rahner, il più grande teologo postconciliare: la grazia è l’autocomunicazione di Dio all’uomo, comunicata a tutti gli uomini. Significa che Dio stesso si comunica e diviene la parte più intima di ognuno di noi. La Chiesa cattolica, in particolare, è la presenza dell’autocomunicazione di Dio nella storia e nel mondo, il segno vivo che indica come Dio sia presente in mezzo a noi. In questo momento storico in cui prevale una cultura di violenza, di morte, di ingiustizia, di corruzione, la Chiesa cattolica diviene il luogo dove tutti possono sentirsi perdonati, incoraggiati accolti, amati. E noi che possiamo fare?

La grazia di sentirci scartati
Se Cristo si è fatto povero, spogliato e umiliato fino alla croce, oggi la Chiesa sceglie la strada della povertà: essere povera per i poveri, andare senza paura nelle periferie esistenziali del mondo per incontrare gli ultimi e toccare in essi la carne di Cristo, dando testimonianza della grazia e della misericordia del Signore. Per la prima volta nella storia del Giubileo, infatti, le Porte Sante sono state aperte non soltanto nelle basiliche, nelle cattedrali, nei santuari di tutto il mondo, ma anche nelle carceri, nei centri di accoglienza, nelle mense per i poveri. “Il Signore ci dia la grazia di sentirci scartati; perché noi non abbiamo alcun merito”, ha detto di Papa Francesco all’apertura della Porta Santa all’ostello della Caritas di Roma il 18 dicembre 2015.Soltanto lui ci dà la misericordia e la grazia e per avvicinarsi a quella grazia dobbiamo avvicinarci agli scartati, ai poveri, a quelli che hanno più bisogno, perché su quell’avvicinamento tutti noi saremo giudicati.” La Chiesa cattolica, soprattutto a partire dal Concilio Vaticano II, ha aumentato il proprio impegno nel prendere coscienza dell’urgenza di accogliere e aiutare i poveri, ci invita a un amore preferenziale per i bisognosi, alla necessità dell’inclusione sociale dei poveri. E noi che possiamo fare?
 
La grazia della testimonianza
Vogliamo farvi nota, fratelli, la grazia di Dio concessa alle Chiesa della Macedonia… Posso testimoniare, infatti, che hanno dato secondo i loro mezzi e anche al di là dei loro messi, spontaneamente, domandandoci con insistenza la grazia di prendere parte a questo servizio a favore dei santi”. Lo scriveva San Paolo (2 Cor 8, 1-4) parlando della generosità dei primi cristiani per la Chiesa di Gerusalemme.
Duemila anni dopo è una grazia partecipare al sostegno economico della Chiesa per sovvenire alle necessità dei poveri.
Una ricerca realizzata da GfK nel 2014 presso la popolazione adulta conferma come sia alta la predisposizione a offrire denaro per la nostra Chiesa, (71% le risposte positive, grafico 1): al primo posto tra le motivazioni a dare soldi alla Chiesa troviamo proprio l’aiuto per i poveri e verso chi ha bisogno (al 70%) e al secondo posto le missioni di carità nel terzo mondo (al 66%, grafico 2).
Ormai è assodato tra gli italiani come la Chiesa cattolica metta al primo posto l’aiuto ai poveri e a quelli che sono in difficoltà (44%, grafico 3), in misura maggiore rispetto al passato. La nostra Chiesa è, oggi, riconosciuta come il luogo della grazia e della misericordia gratuita, proprio perché va incontro al povero, tende una mano a chi soffre, abbraccia chi ha bisogno di aiuto.
Paolo Cortellessa
 
 

 

 
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