Newsletter In Cerchio - Settembre 2014 - Numero X - Anno XII
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Le parole della Misericordia: "t" come "trasparenza"   versione testuale

A circa 30 anni dall’introduzione del nuovo sistema per sostenere economicamente la Chiesa, avviato dopo il Concordato del 1984, possiamo dire che dal punto di vista economico la nostra Chiesa è trasparente? Questo trentennio è stato pieno di grandi speranze all’inizio, ma anche di alcuni momenti di sconforto legati proprio al perdurare della crisi, dal 2008 a oggi.

Noi del “sovvenire” abbiamo raccontato molto rispetto a cosa fa la Chiesa grazie ai fondi 8xmille, spiegato come vengono ripartiti i soldi tra le diverse finalità (sostentamento del clero, esigenze di culto, interventi caritativi), mostrato i singoli progetti sul nostro sito (www.chiediloaloro.it). Ci abbiamo messo tanta fatica, tanto sacrificio e, alla fine, abbiamo ottenuto risultati lusinghieri in termini di firme e di partecipazione degli italiani al sistema di sostegno economico alla nostra Chiesa.

L’ultima relazione della Corte dei Conti del 23 dicembre 2016 riconosce per la prima volta che c’è stata una crescita nella capacità di stare sulla linea della trasparenza: “Si dà atto di un miglioramento nella trasparenza, completezza e correttezza della diffusione dei dati dell’8xmille.” (Deliberazione n.16/ 2016/G). Tutto bene, dunque?

La Chiesa, casa di vetro
Il significato etimologico del termine (da trans - attraverso - e pareo, che significa apparire, mostrarsi, farsi vedere) parla chiaro. Trasparenza è, innanzitutto, manifestarsi per quello che si è, presentarsi oltre la facciata esterna, mostrarsi nella realtà dei fatti. Ma esiste anche un altro significato del termine: essere trasparenti, lasciarsi attraversare, far vedere ciò che sta oltre, rendersi visibili senza filtri migliorativi. In questa seconda accezione del termine conta soprattutto la percezione delle persone. Una fotografia reale di quanto, secondo gli italiani e soprattutto secondo i cattolici, è trasparente la nostra Chiesa locale ci viene offerta dall’indice di trasparenza, che misura la capacità delle parrocchie di mostrare i propri bilanci, rendere pubblici i rendiconti, far vedere come vengono utilizzati e investiti i soldi raccolti.
Dai dati della ricerca emerge che solo il 24% del totale ritiene che vi sia vera trasparenza economica nella propria parrocchia (dato in calo rispetto al passato), mentre il 58% è critico.
Le nostre parrocchie, dunque, vengono percepite come case di vetro, ma dai vetri ancora un po’ opachi, che devono essere ripuliti per consentire di far passare la luce e non nascondere nulla.

Che fare?
La trasparenza e la comunicazione non sono due canali paralleli, sono la stessa cosa. Se vogliamo far crescere la percezione delle persone rispetto alla trasparenza della nostra Chiesa, soprattutto locale, dobbiamo comunicare come vengono utilizzati i soldi raccolti, pubblicare i bilanci e i rendiconti, parlare dei progetti realizzati grazie ai fondi 8xmille. In questi trent’anni è cambiato molto l’atteggiamento delle persone, e soprattutto dei cattolici rispetto a questi temi. La prima richiesta che oggi viene fatta è proprio quello di non nascondere nulla sotto il tappeto, ma di trovare la forma più giusta per comunicare all’esterno e di dare pubblicamente conto di ciò che viene raccolto e speso, soprattutto nelle parrocchie.
Siamo di fronte a un cambio radicale di prospettiva: la trasparenza non è il Grande Fratello, un grande mezzo di voyeurismo collettivo, ma uno strumento di controllo di qualità che viene offerta a tutti noi. Tutti possiamo e dobbiamo essere “cani da guardia” del livello di trasparenza della nostra Chiesa: per segnalare le situazioni opache e aiutare le nostre parrocchie a essere sempre all’altezza di una comunicazione immediata, trasparente, limpida.
 
Paolo Cortellessa
 
 
 
 
 
 
 
 
 


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