Newsletter In Cerchio - Settembre 2014 - Numero X - Anno XII
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8xmille senza frontiere: a Vasto l'emporio della solidarietà, un’opera sociale per le nuove povertà della città e del suo hinterland   versione testuale
Continua la pubblicazione degli articoli vincitori dell'edizione 2015-2016 di 8xmille senza frontiere, il bando giornalistico promosso dal Servizio Promozione della C.E.I. in collaborazione con la FISC (Federazione Italiana Settimanali Cattolici), che si concluderà, per la corrente edizione, il 31 gennaio 2017 (v. In Cerchio di aprile).
 
In questo numero di In Cerchio è la volta dell'articolo di Domenico De Simone del settimanale diocesano L'Amico del Popolo di Chieti - Vasto (in allegato l'articolo pubblicato il 31 gennaio 2016). 
 
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In visita all’Emporio della Solidarietà “Giovanni Paolo II” di Vasto, (uno dei 54 già operanti in Italia affiliati alla Caritas Italiana) realizzato e sostenuto con i fondi dell’8xmille destinati alla Chiesa Cattolica, vengo accolto davanti all’ingresso dal responsabile della struttura, Elio Cretaro, geometra in pensione di 65 anni, braccio operativo volontario di un progetto triennale voluto dal parroco di San Paolo Apostolo, don Gianni Sciorra con il sostegno di don Gianfranco Travaglini, direttore Caritas per Vasto e il Vastese. La struttura caritativa, di cui stiamo parlando, è stata inaugurata il 28 marzo 2015 da don Francesco Soddu, direttore nazionale di Caritas Italiana, e avviato effettivamente il mese successivo, il 28 aprile scorso in un clima di entusiasmo e partecipazione, ma anche con lo spirito giusto di un’opera sociale e di solidarietà destinata a durare nel tempo e a diventare punto di riferimento per le nuove povertà della città. L’opera è collocata nel complesso edilizio della parrocchia in alcuni locali a pianterreno di proprietà del Comune, ceduti all’Emporio con un contratto di comodato d’uso gratuito.
 
Siamo nel quartiere San Paolo a Vasto che conta circa 10mila abitanti, al centro di una realtà urbana in crescita, diventata negli ultimi anni crocevia di tante nuove povertà. C’è chi con la pensione non riesce a vivere, chi non trova collocazione nel mercato del lavoro, chi l’ha perso ancora giovane ed è lontano dalla pensione, con un mutuo sulle spalle da pagare, oppure chi è sostenuto da ammortizzatori sociali destinati a finire. Sono persone che hanno ancora in carico i figli e, a volte, anche il peso di una casa con utenze che riescono a pagare solo grazie al sostegno economico di genitori in pensione. Una condizione quella della disoccupazione che, da un giorno all’altro, cambia in peggio la vita delle persone.
 
Il responsabile dell’Emporio, dopo avermi guidato nei locali, mi fa strada verso il suo ufficio, dove si tengono i colloqui con gli utenti e dove viene amministrata la struttura che, sia pure no profit, ha le stesse modalità di gestione di un supermercato alimentare di prossimità di 250 metri quadri, fornito di relativo magazzino. «Qui – chiosa Elio con i modi pacati del volontario esperto – osserviamo scrupolosamente l’Haccp e quasi tutti e 30 i volontari hanno frequentato il corso di formazione per conseguire l’ex Libretto sanitario per alimentaristi, così pure i protocolli per conservare la merce e collocarla negli scaffali e nei frigoriferi sono gli stessi osservati dalla Grande Distribuzione Organizzata».

Per quanto riguarda l’approvigionamento della merce l’Emporio può contare su diverse fonti tra le quali di fondamentale importanza le risorse economiche messe a disposizione della Caritas Italiana e diocesana attingendo dai fondi dell’8xmille. In aggiunta, ma ancora in misura marginale, ci sono le donazioni dei supermercati, di qualche azienda produttrice, le offerte della parrocchia San Paolo Apostolo, ente gestore dell’Emporio, e qualche raccolta occasionale di generi alimentari e diversi. La prima fornitura è stata donata dal Conad Adriatico che rimane ancora un partner di solidarietà affidabile.

Per avere gli scaffali forniti, la maggior parte della merce viene acquistata a scadenza settimanale e mensile. Fattiva anche la partecipazione delle altre parrocchie che sentono molto questa iniziativa, tanto che il team dei volontari che opera nella struttura è interparrocchiale e, quindi, cittadino. Ma come si riceve la tessera che dà diritto ad un credito per avere gli alimenti a titolo completamente gratuito? «L’iter è breve – ci spiegano i volontari che se ne occupano – prima del colloquio e del vaglio della commissione esaminatrice si richiedono documento d’identità, foto tessera, stato di famiglia, il così detto Isee, acronimo di Indicatore della Situazione Economica Equivalente, infine la relazione del parroco di appartenenza territoriale. Una volta ottenuta la tessera card munita di chip si può spendere, a scalare, per un importo che varia a seconda della consistenza del nucleo familiare, delle spese da sostenere, da particolari condizioni di criticità abitativa e di salute.

«La filosofia dell’Emporio – ci tiene a precisare don Gianni – è quella di coniugare la povertà con la dignità della persona, perché ognuno, in difficoltà, scelga ciò di cui ha bisogno invece di essere costretto a prendere ciò che gli viene dato, come avviene con il “pacco viveri”. Un tema questo del connubio povertà e dignità che in questi dieci mesi di sperimentazione ha colpito favorevolmente sia le persone in difficoltà che i volontari. Dice Roselena, giovane avvocatessa che un giorno a settimana mette da parte la toga e indossa la pettorina con il logo dell’Emporio: «in questo modo le famiglie comprendono meglio l’aiuto che gli si dà, anche grazie alla visualizzazione sugli scaffali del singolo prezzo che indica il valore commerciale di ogni prodotto».

Roselena è anche rimasta colpita dalla capacità che hanno i bambini stranieri di consigliare i genitori nella scelta e nella quantità dei prodotti da acquistare: «perfettamente bilingue, sono molto bravi nel consigliare e aiutare a razionalizzare al massimo la loro capacità di spesa». Le famiglie extracomunitarie che usufruiscono dei servizi dell’Emporio costituiscono il quaranta per cento dell’utenza, in gran parte magrebine o di origine slava, con comunità molto unite alle spalle; conoscono, grazie al passaparola, molto bene i servizi e le regole dell’Emporio. Delia, un’altra volontaria, racconta come spesso i bambini indirizzano le mamme verso gli scaffali delle patatine e della prima colazione mentre i loro genitori, pensando al credito disponibile nella card, vorrebbero assicurarsi generi più consistenti come pasta, pelati e olio. In questi casi è inevitabile fare volentieri qualche eccezione in favore dei più piccoli.

A questo punto, prima delle foto, vorrei intervistare qualche utente, ma il timore di metterli a disagio mi blocca. Decido allora di intervistare qualcuno all’esterno. Seguo una giovane coppia che si ferma a raccontarmi del lavoro svanito in poco tempo per entrambi, degli aiuti dei parenti e dei momenti difficili che stanno vivendo. Pur nelle loro difficoltà s’intravede una serenità di fondo che impressiona e commuove. Non c’è risentimento nelle loro parole, perfino quando parlano delle piccole ingiustizie di ogni giorno che subiscono, come può essere un rimborso dovuto che arriva con ritardo eccessivo. Vorrebbero, invece, in questo momento difficile della loro vita più vicinanza e comprensione da parte delle istituzioni, come avviene con la Caritas e strutture come l’Emporio, di cui tengono, entrambi, a sottolineare la gentilezza dei volontari, la buona qualità degli alimenti ed anche la varietà di scelta degli stessi.
 
Sinceramente, anche un cronista che guarda dall’esterno rimane inevitabilmente toccato dalla sofferenza altrui, per cui mi fermo alla seconda intervista di un papà che ha appena finito di fare la spesa per la propria famiglia e anche lui ha una buona considerazione dell’Emporio e un fondo di speranza per il futuro. Potrei ascoltare altre storie, ma ritengo possano bastare le testimonianze raccolte, in grado di offrire, a me per primo, uno spaccato di disagio sociale in cui tutti, anche attraverso l’8xmille alla Chiesa cattolica, siamo chiamati concretamente a fare qualcosa, magari unendo a una semplice firma un gesto ancora più profondo di carità. E questo potrebbe essere l’anno giusto per farlo la prima volta o per confermare la scelta.
 
Domenico De Simone
 
 
 
 
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