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Identikit del "pastore" nel nuovo millennio, centrale per la comunità e la società   versione testuale


Negli ultimi quarant’anni la popolazione residente in Italia è cresciuta quasi del 20%, passando da circa 50 milioni a poco più di 60 milioni di residenti. Al contrario, i preti diocesani nell’arco dello stesso periodo sono diminuiti del 25% scendendo da 42.800 nel 1970 a 32.500 nel 2011 [Fonte: Annuarium Statisticum Ecclesiae]. Pertanto ci sono sempre meno “pastori” alla guida delle comunità parrocchiali, mentre il numero di parrocchie è rimasto pressoché invariato (poco meno di 26.000). Ma chi è oggi il sacerdote diocesano, l’alter Christus per definizione? Proviamo a disegnare un primo identikit partendo dai dati anagrafici. 
 
L’innalzamento dell’età dell’ordinazione sacerdotale è ormai un fenomeno evidente
 
Si è passati infatti da un’età media di 26 anni nel 1970, ai 32 anni nel 2012. L’ordinazione di sacerdoti sempre più “grandi” porta nel ministero individui che hanno nel loro bagaglio biografico esperienze umane diverse e formazioni scolastiche sempre più elevate.
Da un’indagine statistica condotta presso il clero diocesano italiano risulta infatti che il 33% dei sacerdoti ordinati dopo il 1995 (addirittura il 36% dei seminaristi) ha frequentato l’università prima di entrare in seminario, a fronte del 6% di quelli ordinati prima del 1977.
 
L’invecchiamento del clero è sotto gli occhi di tutti
 
I preti diocesani del 2011 oltre ad essere in numero inferiore rispetto a quello dei loro colleghi del 1970, sono anche mediamente più anziani. In particolare, nel 1991 solo il 5% dei sacerdoti nati in Italia aveva più di 80 anni, nel 2002 erano il 12% mentre nel 2012 sono diventati il 16%.
Inoltre se confrontiamo l’età media dei preti diocesani (61,5 anni) con quello della popolazione maschile italiana con oltre 24 anni (51,4 anni), troviamo conferma dell’invecchiamento del clero italiano [Fonte: ICSC].
 
I giovani sacerdoti stranieri sono sempre più presenti
 
Certamente stimolata e facilitata dall’arrivo del primo Papa forestiero, nel corso degli anni in Italia si è andata sempre più diffondendo la presenza del clero straniero, prevalentemente proveniente dall’Est Europa, dall’Africa, e da alcune zone del Sud America e dell’Asia.
 
Tra il 1983 ed il 2012 sono entrati nel clero diocesano in Italia circa 3.700 presbiteri provenienti dall’estero: 1.426 seminaristi che hanno ricevuto l’ordinazione sacerdotale in Italia e 2.280 presbiteri già ordinati che hanno abbandonato diocesi estere per entrare a far parte del clero italiano.
 
Il clero straniero risulta essere determinante per supplire la carenza di giovani vocazioni italiane. Al momento infatti, in alcune aree del paese, il 50% dei sacerdoti sotto i 40 anni è di origine straniera. Se confrontiamo l’età media del clero nato all’estero (46,7 anni) con quella del clero diocesano italiano (61,5 anni), risulta evidente di quanto siano mediamente più giovani i sacerdoti stranieri [Fonte: ICSC].
 
Sacerdoti italiani con vocazioni tardive, sempre più anziani, e preti stranieri sempre più presenti nelle parrocchie, disegnano i tratti caratteristici del “pastore” del nuovo millennio. Una figura che, sebbene in calo rispetto al passato, continua a essere percepita come centrale per la vita della comunità dei fedeli e della società. Proviamo a immaginare come sarebbe un mondo senza sacerdoti. Senza nessuno che possa battezzare i nostri figli, senza la possibilità di avere un funerale religioso, senza un prete che porti l’Eucarestia a un malato o somministri l’unzione degli infermi a un morente. Sarebbe un mondo migliore o peggiore? Questa società sarebbe concepita come peggiore non soltanto dai credenti, ma persino dai non credenti, che sono abituati ricevere quel sollievo che la sacramentalità cristiana ha sempre garantito a tutti in termini di preghiera, di consolazione, di speranza.
 
Responsabile: Matteo Calabresi
Coordinamento redazionale: Maria Grazia Bambino
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