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Una pratica individualista della religione: forza e debolezza   versione testuale

Il nostro cammino per comprendere il rapporto degli italiani con la religione è arrivato ora a un punto di svolta. Da un lato, infatti, vi sono grandi religioni monoteiste, quali l’Ebraismo e l’Islamismo, dall’altra il Cristianesimo. Cosa differenzia il Cristianesimo dalle altre religioni e perché la maggioranza degli italiani si professa cristiana? Il termine religione deriva dal latino “religare”, cioè “legare a”. Le grandi religioni classiche, pertanto, legano i propri fedeli a dei precetti: insegnano infatti cosa mangiare e non mangiare, cosa fare e non fare, come vivere. Il Cristianesimo, invece, nasce dal mistero di un incontro tra l’uomo e un Dio che si è fatto Uomo per condividere sino in fondo la condizione umana. E’ una religione che non vincola, dunque, i credenti a dei rigidi dettami esteriori.
 
Cristo, infatti, ha detto: «Ascoltatemi tutti ed intendete: Non c'è nulla fuori dell'uomo che, entrando in lui, possa contaminarlo; sono invece le cose che escono dall'uomo a contaminarlo» (Marco 7, 14-16).
 
Non sono dunque le regole, i comandamenti, i precetti a contaminare l’uomo, perché lo spirito è più importante delle leggi. Ciò che conta davvero sono le emozioni, l’autenticità delle intenzioni, la fede. Si tratta di una rivoluzione copernicana, dove l’uomo è al centro ed è un interlocutore privilegiato di Dio.
 
Ma a 2000 anni di distanza come i cattolici vivono questi insegnamenti? In cosa credono? Come pregano? Come stabiliscono ciò che è bene e ciò che è male?
 
“Sono credente, ma credente a modo mio” sembra essere lo slogan soprattutto delle nuove generazioni. Si sta diffondendo l’idea che la religione sia un fatto prettamente ed esclusivamente privato, che nasce dall’incontro personale con Dio. E’ quanto emerge dai dati provenienti da una indagine di Eurisko commissionata dal Servizio Promozione della C.E.I.
 
Tra gli italiani credenti prevale un diffuso sentire religioso: la propensione a credere poco all’inferno o al diavolo, mentre si crede molto al paradiso o ai miracoli.
(v. grafico 1)
 
In questi anni di crisi socio-economica e culturale, c’è un forte bisogno di trovare conforto in una religione che dia speranza, conforto, aiuto, fiducia. Anche se analizziamo come pregano coloro che credono, ci rendiamo conto che la maggior parte lo fa in modo personale. (v. grafico 2)
 
Il 75% degli italiani lo fa usando parole proprie, percentuale che arriva all’85% nelle fasce di età più giovanili. Pregare aiuta a vivere meglio, a star bene con se stessi e con gli altri, a sopportare le fatiche, ad accettare il dolore, a sapere di poter contare su qualcuno che ci sarà sempre.
Sempre più prevale la convinzione che l’uomo da solo possa stabilire ciò che è bene e ciò che è male, opinione che viene condivisa da metà degli italiani e dal 60% circa dei giovani tra i 18 e i 34 anni. (v. grafico 3)
 
Ci troviamo quindi difronte al pericolo di un individualismo esasperato che porta ad una diversa concezione della religione, di rapporto diretto ed esclusivo con Dio che fa venire sempre meno l’esperienza di comunità e Chiesa. La religione quindi non sparisce, ma rischia di trasformarsi in una specie di prodotto lasciato esclusivamente alla scelta dell’individuo.
 
 
Responsabile: Matteo Calabresi
Coordinamento redazionale: Maria Grazia Bambino
Servizio promozione della C.E.I.
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